Mistretta

Mistretta (Mistretta in siciliano) è un comune italiano di c.ca 5.000 abitanti della provincia di Messina in Sicilia.

Si trova nel territorio del Parco dei Nebrodi.

Geografia

La cittadina è sita su un colle tra i 900 e i 1100 metri sul livello del mare, nei boscosi monti Nebrodi, ricchi di selvaggina e famosi fin dall’antichità per il loro splendore.

Il Lago Quattrocchi dall’alto. Sullo sfondo Mistretta

La cittadina, detta anche la “Sella dei Nebrodi” per la particolare conformazione, si trova a metà strada tra Palermo e Messina e la statale 117 collega in 15 minuti Mistretta al mare (15 chilometri circa) creando un suggestivo binomio montagna-mare. Il panorama che si può ammirare dalle parti più alte del paese, infatti, è spettacolare: dai boscosi monti si scende con lo sguardo fino al mare, con sullo sfondo le Isole Eolie. Se a questo si aggiunge che durante l’inverno il paese è ricoperto di neve, lo scenario cui si può assistere è davvero incantevole.

Storia

Le origini

L’origine precisa di Mistretta si perde nella profonda notte dei secoli. Le leggende vogliono questa città fondata dai Ciclopi, antichi abitanti della Sicilia secondo la “Odissea”, alcuni storici affermano che è stata fondata dai Fenici, ma molto probabilmente le sue origini risalgono ai Sicani, primo popolo abitante della Sicilia insieme ai Siculi, come dimostrano le antiche costruzioni in pietra e gli oggetti di ceramica ritrovati nel territorio circostante alla città, molto simili a reperti di civiltà sicana ritrovati nell’Asia Minore[senza fonte].

Via Ganimede

In ogni caso, le origini di questa cittadina sono incerte e spesso la storia si confonde con il mito, tuttavia, intere generazioni di storici, a cominciare dalle prime documentazioni di età greca e romana, hanno cercato di risalire alla nascita di questa cittadina, sicuramente tra le più antiche della Sicilia. Chiara è l’origine semitica del toponimo, che sembrerebbe indicare, qualunque sia l’interpretazione che si vuol accettare, una presenza fenicia nella zona in cui sorge oggi l’attuale centro di Mistretta (Am’Ashtart), infatti Astarte era una divinità fenicia e l’archeologia ci suggerisce la presenza di un tempio a lei dedicato[senza fonte].

L’età classica

I Greci giunsero intorno al 700 a.C. sulla costa tirrenica siciliana e cominciarono ad insediarsi verso l’interno; si narra che un gruppo di questi, guidato da un condottiero detto Leukaspis, fu ben accolto a Mistretta, tanto che lo stesso condottiero fu venerato come un dio, come ci dimostra una moneta dell’epoca che raffigura il Leukaspis ed un tempio a lui dedicato nella città, sulle cui rovine probabilmente sorge la chiesa più grande del paese[senza fonte].

I greci a Mistretta divennero sempre più numerosi e la città venne “ellenizzata” pacificamente. Rapidamente la “polis sicula” s’ingrandì e si mantenne indipendente con un suo arconte, secondo le leggi greche[senza fonte]. Presto si riempì di templi (su quello dedicato a Dioniso sorge attualmente la Chiesa di San Giovanni Battista), ginnasi, teatri, e c’era anche una necropoli sita nella pendice occidentale del monte del castello e un’altra sita nell’attuale territorio della “Villa allegra” all’ingresso della città, dove sono stati ritrovati vasi commemorativi, frantumi di marmo con iscrizioni funebri, ossa, cocci e altri reperti che ci segnalano l’antica presenza di una necropoli in quel luogo. Era presente a Mistretta anche una fortezza, di cui hanno parlato Polibio e Tucidide, che dominava la città[senza fonte]. Le sue macerie sono riconoscibili nella campagna antistante il monte castello, presso cui scavi hanno portato alla luce reperti archeologici di grande valore storico.

Sullo sfondo delle Guerre Puniche, il centro ellenico fu posto sotto assedio dai Romani e nel 258, i consoli Ottacilo e Valerio (console), dopo aver sconfitto molte tra le più importanti città sicule, assediarono Mistretta per ben due volte usando anche molte macchine belliche, come la catapulta, per far terminare l’aspra resistenza dei mistrettesi, si racconta che dopo sette mesi d’inutile assedio, i romani si ritirarono devastando vandalicamente le campagne. In seguito giunsero in Sicilia i consoli Attilio Calatino e Caio Sulpizio che per la terza volta assediarono la città, questa volta i mistrettesi, avendo avuto tutti i raccolti distrutti, impietositi dalle lacrime delle mogli e sconfortati dall’abbandono delle città di Noma e Alesa, città alleate, aprirono le porte della città ai romani che dichiararono di essere indulgenti, ma non fu così ed, infatti, su ordine di Aulo Attilio, la città fu devastata.

Silio Italico nelle sue “Storie” ci presenta Mistretta come un importantissimo centro che forniva ai romani oltre al grano anche soldati ben addestrati, per questo apparteneva alle città federate che godevano del privilegio di pagare le tasse solo in minima parte, compensano con uomini e frumento. Ed in effetti Mistretta acquista importanza con i Romani per il suo frumento, prevalentemente di qualità dura, che facilmente si prestava alla conservazione per lunghi periodi e per la sua posizione dominante, divenendo punto di riferimento imprescindibile per chi viaggiava tra il cuore della Sicilia ed il Tirreno. Tracce storiche inerenti alla città di Mistretta si trovano nelle “Verrine” di Cicerone in cui si narra dei soprusi commessi dal governatore Caio Verre in varie città siciliane, tra le quali proprio Mistretta sfruttata per l’enorme produzione di grano e per la ricchezza del centro abitato. Fu poi con Cesare Augusto che Mistretta, come moltissimi centri importanti, per vari motivi, iniziò ad impoverirsi e di questa città non si hanno più tracce storiche fino all’epoca imperiale, quando la popolazione riprese ad aumentare e a progredire nella pastorizia, nell’agricoltura e nel commercio.

Il Medioevo

Dopo la caduta dell’impero, Mistretta divenne preda dei Vandali, invasa poi dai Goti ed infine ritorna ai domini imperiali con i bizantini che conquistarono l’intera Sicilia nel 535 d.C. In questo periodo, Mistretta dovette sostenere una forte fiscalizzazione e il suo territorio fu sottoposto a ruberie e saccheggi da parte islamica, ma si arricchì ulteriormente di opere d’arte. A Mistretta giunge la pirateria araba. Gli Arabi dominarono il paese tra l’827 e il 1070 e ristrutturarono il Castello bizantino edificato nel punto più alto della città. Dopo il dominio dell’impero romano d’oriente, la conquista dei musulmani, guidati da Ibrahim Ibn Ahmed, rappresenta un momento di incontro con le culture e le economie del Nord Africa; vi erano, tra gli invasori, mercanti e coltivatori che introdussero la coltivazione del dattero e numerosi palmeti. Dal punto di vista religioso veniva garantita la libertà di culto, a coloro che non volevano convertirsi all’islam, con il pagamento di una imposta. Per ciò che concerne gli aspetti sociali e politici e l’introduzione di nuove tecniche costruttive in edilizia o l’introduzione di nuove colture e tecniche di coltivazione, la presenza araba ha arricchito ulteriormente la cittadina mistrettese.

Vicoli del centro storico

Alla dominazione araba succedette quella normanna durante la quale il castello fu ulteriormente ampliato. Con i Normanni, i grandi latifondi, smembrati dagli Arabi, si ricostituirono e si rafforzò ancora di più il baronaggio. Il re normanno Ruggero d’Altavilla, nel 1101, donò Mistretta con le sue chiese, i suoi splendori e con tutto il suo territorio al fratello Roberto, Abate della Santissima Trinità in Mileto Calabro e dall’atto di donazione si possono ricavare notizie storiche sul paese che in quel periodo si stava ampliando lungo le falde del monte su cui sorgeva il castello arabo-normanno ed entro le mura di difesa di cui resti sono visibili nel Vico Torrione e lungo la Strada Numea dove si apre la Porta Palermo, una delle due antiche porte della città. Oltre all’insediamento urbano circondato dalle mura, vi erano numerosi “bagli”, aggregati sociali e produttivi circondati da orti, ed è proprio dagli antichi “bagli” che hanno avuto origine i quartieri medioevali di Mistretta ricalcati ancora oggi nell’attuale tessuto urbano del centro storico. Il castello è più volte al centro di operazioni militari, come nel1082, quando Giordano, figlio illegittimo di Ruggero, approfittando dell’assenza del padre recatosi nelle Calabrie, tenta con la complicità dei suoi cortigiani di usurpare il potere, insediandosi stabilmente al governo della Sicilia, o ai tempi di Guglielmo il Malo, quando Matteo Bonello, ricevuta nel 1160 l’investitura della città, si fa promotore di una cospirazione contro il monarca, che diede i risultati sperati (ebbe come unico effetto l’uccisione del ministro Maione di Bari).

La città fu insignita da Federico II di Svevia del titolo di “Città imperiale”, l’imperatore procede ad una serrata lotta contro i briganti musulmani in tutta la Sicilia, sradicando totalmente ogni resistenza. Mistretta fu successivamente infeudata a Federico d’Antiochia e quindi a suo figlio Corrado. Fu in questo periodo che nacque l’attuale stemma della città raffigurante un’aquila, stemma degli Hohenstaufen nel Regno di Sicilia.

Largo Risorgimento

Finita la dominazione sveva, vi fu l’occupazione angioina. Carlo I d’Angiò importò in Sicilia un feudalesimo arcaico danneggiando l’economia di molti importanti centri, tra cui Mistretta che fondava la sua prosperità sull’agricoltura e sul commercio. La città di Mistretta insorse e, nel 1282, i cittadini di Mistretta si unirono alla rivolta dei “Vespri Siciliani”. Per il gran contributo apportato nella lotta contro i francesi, la città fu inserita tra quelle demaniali ed accolta nel Parlamento del Regno di Sicilia con capitale Palermo, sotto gli Aragonesi. Nel1447, re Alfonso d’Aragona, sancì la demanialità di Mistretta ed i suoi Casali e, nel consentire al ceto artigiano di entrare a far parte del governo della città, creò i presupposti affinché, nel XVI secolo, la città si arricchisse di numerosi monumenti religiosi e civili. Notevoli testimonianze del Cinquecento, fase storica di splendore per Mistretta, ci sono date dalla magnificenza dei lavori con i quali gli scalpellini del paese arricchirono la Chiesa Madre, aggiungendoli ai raffinatissimi interventi dei Gagini. Di questo periodo è pure la fondazione dell’Ospedale e della “Casa dei Pellegrini”, edifici ancora oggi esistenti con le loro originarie caratteristiche. La città, tuttavia, mentre si arricchiva di arte (il barocco, le chiese, i palazzi, tele, sculture, …), subiva la stessa sorte del resto della Sicilia, la perdita del peso politico, dominata dai re di Castiglia.

L’età moderna

Il Settecento fu anch’esso periodo di benessere per i mistrettesi, per la crescita economica dovuta all’esportazione di prodotti agricoli ed allo sfruttamento dei boschi comunali. Mistretta diviene quindi importante centro commerciale e sede d’uffici e magazzini che consentivano una efficiente lavorazione e commercializzazione dei prodotti. A questa ricchezza corrisponde l’affermarsi di una ricca borghesia che, grazie alle proprie commesse, consentì il fiorire di una serie di attività artigianali per la lavorazione del ferro e del legno. Questa ricca classe sociale provvide a far edificare palazzi signorili e urbanizzò l’area di proprietà della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria ai confini del bosco che sovrasta la cittadina.

Nel 1713 (Trattato di Utrecht), la Spagna cedette i suoi possedimenti in Italia all’Austria, ma il principe Vittorio Amedeo di Savoia cui spettava la Sicilia la barattò in cambio della Sardegna e l’isola passò a Carlo VII di Baviera e più tardi a Carlo III di Borbone; per i mistrettesi e tutti i siciliani iniziava la dominazione borbonica.

Sotto i Borboni, Mistretta divenne totalmente gestita dai baroni locali, dato il mal governo e l’incuria dei sovrani borbonici[senza fonte]. La borghesia locale si preoccupò di abbellire a ampliare la città e durante l’Ottocento furono costruiti palazzi, fu messo in opera un poderoso riassetto urbanistico, furono abbellite le chiese con numerose opere d’arte, fu aperta la biblioteca comunale. La città riacquistò così l’antica importanza e divenne il punto di riferimento commerciale e culturale per tutti i centri vicini.

Il regime poliziesco di Ferdinando II[senza fonte] ed il malcontento diffusosi a Mistretta presso la nascente classe media costituita da professionisti, artigiani e massari, fecero sì che la cittadina mistrettese fosse tra le prime ad insorgere contro i borboni dopo Palermo nel 1860, contribuendo alla causa dell’unità d’Italia. Successivamente Mistretta subì le vicende di tutta la Sicilia nell’Italia post-unitaria fino ai giorni nostri. Nel 1860 fu soppresso anche l’omonimo distretto amministrativo.

All’inizio del ‘900 la Sicilia aveva quasi del tutto consumato l’immagine forte che il secolo appena concluso le aveva permesso di costruire e consegnare, la sua storia regionale superava in varietà e prestigio quella delle altre regioni. Mistretta, come molte altre città sicule in quel periodo, aveva raggiunto l’apice del suo splendore economico, artigianale, artistico e culturale, ma dietro ai palazzi nobiliari, ai circoli culturali, alle fiere, alle feste di paese, si nascondevano le sorti infauste che hanno segnato le vicende di numerose cittadine della Sicilia.

La cittadina ha seguito il destino di gran parte dei centri di montagna siciliani nel Novecento, ha subito i colpi inferti dalla disoccupazione fino allo spopolamento per emigrazione (dai 20.000 abitanti dell’Ottocento, oggi sono poco più di 5.000), subisce la fuga dei più giovani che per motivi di studio o per cercare nuove opportunità lasciano il centro nebroideo, vede scomparire ogni giorno parte del suo patrimonio artistico-culturale sotto i colpi inferti dalla negligenza e dal vandalismo.

Monumenti luoghi d’interesse

Il campanile della Chiesa Madre e la collina del castello sullo sfondo

Architetture religiose

  • Chiesa di Santa Lucia o Chiesa Madre
  • Chiesa della Santissima Trinità, o di San Vincenzo
  • Chiesa del Santissimo Salvatore
  • Chiesa di San Francesco d’Assisi
  • Chiesa di San Sebastiano
  • Chiesa di Santa Caterina
  • Chiesa di San Giovanni Battista

Architetture militari

Castello

Sul punto più alto della città si trovano i resti del Castello, edificato dai bizantini e ristrutturato e ampliato prima dagli arabi e poi dai normanni.

Porta Palermo

Nel Settecento le mura della città avevano perso la loro funzione difensiva e anche le maestose porte della città costruite con la dura pietra locale non venivano più sorvegliate.

Le prime notizie certe sull’esistenza di porte a Mistretta risalgono al 1475 perché vengono menzionate in alcuni documenti dell’epoca, ma da altri documenti successivi sappiamo che avevano perso la loro funzione principale, tanto che nel 1771 venne concessa al Barone Giaconia l’autorizzazione a costruire sulle mura. Il Barone costruì sulla porta da cui partiva la strada che conduceva a Palermo rafforzandone i contrafforti, trasformando così la maestosa porta in una struttura portante dei suoi palazzi.

Oggi passando attraverso la porta che sorregge i palazzi del Settecento si accede alla ripida “Via Porta Palermo” che s’immette nel cuore del centro storico creando uno scorcio unico nel suo genere.

Architetture civili

Palazzi

Palazzo Tita
Palazzo Tita

Sito nel Quartiere della SS. Trinità, di fronte alla chiesa omonima (chiamata anche chiesa di San Vincenzo),

il Palazzo Tita fu ricostruito nel 1885 con la facciata in stile bugnato. I balconi sono decorati con putti scolpiti da Noé Marullo. Il portale principale è in forma di arco sulla cui chiave di volta è scolpita la Medusa, mentre l’estradosso è arricchito da bassorilievi di mostri marini. È uno dei più bei palazzi di Mistretta e prende il nome da una delle antiche famiglie signorili di Mistretta.

Palazzo Salamone-Giaconia

Il Palazzo Salamone-Giaconia, esistente già nel Seicento e ristrutturato nel 1865, è caratterizzato da sculture e bassorilievi in mensole, chiavi di volta e lo stemma della famiglia nel portale. Si affaccia sulla Piazza Concordia, totalmente in muratura, con un’alta scala in monoblocchi di pietra arenaria.

Palazzo Passarello

Il Palazzo Passarello, situato sulla via principale, è stato edificato nel 1865 dalla famiglia Passarello Giaconia.

Palazzo Scaduto
Palazzo Scaduto

Palazzo Scaduto è uno dei più antichi d Mistretta. Venne edificato nel 1660, in stile barocco, il cui portale principale è arricchito da due maestose sculture laterali e da bassorilievi; all’interno il palazzo conserva la più alta scala alla “trapanese” di Sicilia.

Costruito dal Barone Pietro Scaduto, Giurato della Città, diventò di proprietà dei Baroni Bosco, alla fine del Settecento, in via ereditaria. Nel 1816, il Barone Biagio Lipari costruisce un corpo di casa fra l’attuale Vicolo Cuscè e la via Catania, a fianco del Palazzo Bosco. Il Barone Antonino, figlio di Biagio, acquista dai Bosco il palazzo e l’area circostante ed inoltre diventa proprietario della casa beneficiale Cuscè, attigua al palazzo. Nel 1826, amplia il palazzo inglobandovi la casa costruita dal padre e la casa Cuscè costituendo un nuovo corpo, in via Cairoli.

Lo stemma della famiglia Lipari, il leone rampante ai piedi di un albero, è scolpito nella chiave di volta della porta d’ingresso della via Cairoli. Il palazzo viene ereditato dal nipote Giuseppe, che nel 1891 lo ristruttura in occasione del matrimonio della figlia con il Barone Giaconia.

Palazzo Russo
Loggia Palazzo Russo

Il Palazzo Russo è un esempio di architettura del Settecento, con portale ad arco a tutto sesto in pietra arenaria con alla sommità l’aquila rampante dello stemma nobiliare. All’interno vi è una loggia che risale sicuramente ad un’epoca precedente. Il palazzo fu ultimato nel 1775 come testimonia la data incisa su una pietra sottostante il tetto. L’edificio fu costruito dal Barone Armao e acquistato dal Cavalier Giovanni Russo in occasione del suo matrimonio con Remigia Catania, circa un secolo dopo.

Fontane

Fontana San Vincenzo

Adiacente alla chiesa di San Vincenzo nello spiazzale denominato “Largo Progresso”, nel 1875 fu costruita una fontana in pietra, dal mastro scalpellino Vincenzo Arcieri, il quale appaltò i lavori di costruzione dell’acquedotto. Dalla fontana oggi non sgorga più acqua, ma è possibile ammirare il mirabile lavoro realizzato dall’artigiano mistrettese.

Fontana Palo

La città di Mistretta essendo in montagna è ricca di acqua che sgorga in molte fontane e confluisce nell’acquedotto comunale. Nel quartiere “Palo” chiamato così perché nel “Largo Buonconsiglio” durante il Seicento venivano “messi al palo”, cioè impiccati i dissidenti, vi è una maestosa fontana.

Questa fontana venne costruita nel 1860 dai maestri scalpellini locali e dai fratelli Pellegrino. Oggi si alimenta tramite l’acquedotto comunale, ma in passato era e collegata attraverso un sistema idraulico alle sorgenti dette “Virdicanne”.

Fontana del Santissimo Rosario

Vicino alla chiesa del Santissimo Rosario, definita e pavimentata tra il 1868 e il 1870 in seguito ad un riassetto urbanistico della città, vi era una fontana in pietra, eseguita dagli scalpellini Giaimo e Cannata riutilizzando pezzi provenienti dalla “Fontana del Fruscio”, prima sita nella P.zza Vittorio Veneto.

La fontana negli anni sessanta fu spostata di qualche centinaio di metri per facilitare il percorso delle macchine che diventavano sempre più numerose.

Villa Garibaldi

Nel 1873, il terreno antistante al monastero dei Padri Cappuccini trasformato in carcere, divenne di proprietà del comune che ne delimitò il perimetro con mura di cinta in pietra ed inferriate in ferro battuto. La Villa Fu dedicata a Garibaldi collocato un busto marmoreo raffigurante la sua immagine, scolpito dall’artista mistrettese Noé Marullo.

La “Villa Garibaldi” s’ispira allo stile italiano che deriva dal modello del giardino medievale, circondato da alte siepi di disegno geometrico. Il comune acquistò a Palermo numerose piante, anche rare e particolari, che andarono ad affiancare quelle già presenti sul posto e curate dai frati. Vi sono anche alberi secolari che imponenti spiccano in questa oasi di verde nel cuore della cittadina.

Cimitero monumentale

Costruito nel 1889 su progetto dell’architetto Giovan Battista Basile, il Cimitero monumentale si fregia di numerose cappelle e monumenti funebri di pregevole valore. Si segnalano, tra le altre, le cappelle Sergio, Mastrogiovanni Tasca, Salamone, Panebianco e Giaconia.

Evoluzione demografica

Mistretta è sempre stata un punto di riferimento per i paesi vicini. Fino all’avvento del fascismo la cittadina superava i 15000 abitanti. Dopo un aumento verificatosi nell’immediato dopoguerra, l’evoluzione demografica della cittadina sui Nebrodi fu caratterizzata soprattutto dal calo della popolazione seguito dopo il 1951, quando molti mistrettesi emigrarono al Nord-Italia. Dal 1971 al 1991 la popolazione è rimasta in diminuzione e ancora oggi molti giovani si spostano in altri centri in cerca di lavoro. Abitanti censiti[5]

Economia

Gli allevamenti producono carni pregiate e formaggi ritenuti tra i migliori della Sicilia. Da sempre pastorizia e agricoltura sono stati l’attività prevalente a Mistretta, tanto che in molti documenti degli antichi romani, questa città è menzionata come una delle più fertili di quella che loro consideravano il granaio di Roma, l’isola siciliana. L’economia cittadina si basa, quindi, principalmente sul pascolo, sull’agricoltura (oliveti, vigne, agrumeti, orti, …) e sulla discreta presenza di boschi, ma non si può dimenticare l’attivo ruolo rivestito dall’artigianato locale che abbraccia settori fiorenti come quello dei fabbri e degli intagliatori di legno che tanto hanno impreziosito gli edifici cittadini con le loro opere ed il settore dei lavoratori della pietra (a Mistretta vi è pure una cava dalla quale si estrae una pietra dura che per il suo colore prende il nome di “dorata”).

Cultura, costumi e folklore

Gastronomia

Sono molte le prelibatezze preparate nella cittadina nebroidea, alcune di esse sono:

  • Pasta ‘ncaçiata

La pasta ‘ncaciata è presente in quasi tutto il territorio del messinese, ma a Mistretta è un piatto tipico. Gli ingredienti sono semplici, come in tutti i prodotti popolari, ma il combinare insieme certi ingredienti e in certi modi crea dei piatti molto gustosi.

  • Provole

I formaggi assumono un posto di rilievo nella cucina mistrettese giacché il paese gode di un’antica tradizione di pastorizia. Tra i formaggi spicca la Provola dei Nebrodi, formaggio a pasta filata (caciocavallo) che viene prodotta principalmente in primavera con il latte fresco delle vacche che pascolano nei vasti terreni dell’agro di Mistretta ricchi di essenze odorose e che ha la caratteristica forma classica a pera. Con la pasta della provola si modellano i Caci figurati, vere e proprie opere d’arte.

Feste

Festa di San Sebastiano

Statua di san Sebastiano all’interno del simulacro, scolpita da Noè Marullo tra il 1900 e il 1906

La festività di San Sebastiano è celebrata dal mondo occidentale il 20 gennaio e dal mondo orientale il 18 dicembre. A Mistretta il culto del Santo sembra sia stato introdotto nell’anno 1063, ma la devozione a S. Sebastiano si accrebbe tra 1625 e il 1630, quando s’invocò la sua intercessione per fermare la terribile epidemia di peste che affliggeva tutta la Sicilia. Oggi la festa di San Sebastiano di Mistretta è considerata una delle più belle, suggestive e sentite processioni di tutta la Sicilia.

A Mistretta la festa del Santo si svolge due volte l’anno, proprio il 20 gennaio, la data in cui la chiesa ricorda la morte di San Sebastiano e il 18 agosto per ricordare la liberazione dalla peste di Mistretta avvenuta per intercessione di San Sebastiano nel Diciassettesimo Secolo.

A gennaio la festa si svolge in tono minore, ma si tratta ugualmente di un giorno solenne, molto sentito da tutti. Nessun cittadino di Mistretta rimane a casa mentre la statua del Santo esce dalla chiesa e viene portata in giro per le vie del paese nel prezioso fercolo (vara), di corsa in diversi tratti, sulle spalle di decine di uomini, che vestono in abiti tradizionali e portano il tipico fazzoletto rosso. Invece, è in agosto che la processione raggiunge gli apici di folklore e religiosità. La pesante vara il legno massiccio e oro su cui è posta la statua del Santo è portata a piedi scalzi da 60 devoti che ricevono il privilegio di portare il fercolo per eredità, tramandato dai padri, ed è preceduta nella sua corsa per tutta la processione, dalla varetta, un fercolo in cui due angeli, circondati da ceri votivi, sorreggono le reliquie di San Sebastiano che vengono portate in processione dai devoti più giovani. La processione tocca i luoghi più significativi della città con diverse tappe in essi.

Tutto il popolo corre dietro San Sebastiano per le vie del centro storico. In occasione del 18 agosto la città si riempie di gente venuta da fuori per vedere la festa, attirata dallo sfarzo e dalla grandiosità.

La festa si chiude la notte quando il Santo viene ricollocato nella sua chiesa dopo una lunga corsa, tra applausi, pianti, invocazioni e musica che lo salutano. La serata si chiude sempre con giochi pirotecnici suggestivi e spettacolari. Moltissime persone dopo la processione si recano al Castello Saraceno, situano nell’ omonimo molte, ad aspettare “l’Alba”, simbolo della fine della festa e dell’estate.

Festa della Madonna della luce

La festa si celebra ogni anno per due giorni nelle date del 7 e dell’8 settembre. La modalità di svolgimento della festa è curiosa e caratteristica, una coppia di guerrieri giganti chiamati “Cronos” e “Mitia” seguono la statua della Madonna trasportata per le vie della città. I giganti sono di cartapesta e vengono portati a spalla per le vie del paese già molti giorni prima della festa ballando e raccogliendo le offerte. La statua della Madonna è custodita nella Chiesa del cimitero, fuori città, dove vi è un’antichissima immagine dipinta su una roccia sopra la quale è stata costruita la chiesa. La leggenda narra che per caso venne scoperta l’immagine sacra e che vicino ad essa vi fossero delle ossa umane di dimensioni fuori dal comune, appunto i giganti posti a guardia della Madonna.

Il primo giorno la statua della Madonna “esce” dalla chiesa per salire nel paese incontrandosi ad un certo punto con i giganti che l’affiancano facendole la guardia per tutto il tempo. Emozionante l’incontro tra i giganti e la Madonna, infatti nel momento dell’incontro i giganti si inginocchiano e fanno un inchino a Maria in segno di riverenza.

La Madonna e i giganti vanno poi nella Chiesa Madre di Mistretta e sul piazzale antistante alla Chiesa, i giganti ballano per festeggiare l’arrivo della Madre Santa.

Il giorno dopo, Mitia e Cronos si affiancano alla statua della Madonna portata anch’essa in spalla da uomini robusti e la scortano per tutto il percorso della processione. Il simulacro risale al Seicento e raffigura Sant’Anna che regge in mano la Madonna bambina. Il popolo in massa prende parte alla processione.

Alla sera, dopo avere attraversato le vie del paese illuminate da luci colorate, la processione si avvia lungo la strada di campagna che porta alla Chiesa del Cimitero dove si arriva in tarda serata. Giunti in Chiesa, dopo la lunga processione, la statua rientra per essere ricollocata al suo posto e i giganti ballano per l’ultima volta illuminati da un grande falò, ritirandosi infine tra gli applausi di tutti.

Persone legate a Mistretta

    • Tommaso Aversa (1623-1663), autore di teatro
  • Noé Marullo (1857-1925), scultore
  • Pasquale Azzolina (1859-1934), scultore
  • Ernesto Almirante (1877-1964), attore e comico
  • Maria Messina (1887-1944), scrittrice che visse molti anni a Mistretta, dove ambientò romanzi e novelle
  • Raffaele Cantarella (1898-1977), grecista e bizantinista, insegnante presso il locale Liceo Classico Alessandro Manzoni, prima di diventare docente universitario
  • Antonino Pagliaro (1898-1973), glottologo, linguista e critico letterario che fu anche Presidente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e redattore-capo dell’Enciclopedia Italiana
  • Luciano Pagliaro, magistrato, presidente della Corte dei Conti siciliana
  • Giuseppe Cocchiara (1904-1965), folklorista, discepolo di Giuseppe Pitrè, professore di Letteratura delle Tradizioni Popolari all’Università di Palermo e direttore del Museo Etnografico Siciliano dal 1935 al 1965
  • Vincenzo Tusa (1920-2009), archeologo
  • Vincenzo Madonia (1925), senatore del MSI nella VIII legislatura
  • Sebastiano Sanzarello (1952), senatore di Forza Italia nella XIV legislatura
  • Sebastiano Caracozzo, pittore
  • Vincenzo Modica (1971), maratoneta

Musei

  • Museo civico Polivalente (Via Monte, 1): esposizione di dipinti e statue provenienti da siti monastici locali e pergamene aragonesi della città di Mistretta – reperti provenienti dalla zona del Castello e dal centro storico.
  • Museo Regionale delle Tradizioni silvo-pastorali “Giuseppe Cocchiara” (Via Libertà, 184 – Ex palazzo di Giustizia).
  • Museo diocesano (Via Anna Salamone, 1): Conserva paramenti sacri, pitture, sculture, argenti, preziosi mosaici provenienti dalla Chiese di Mistretta.
  • Museo della Fauna (Strada Tommaso Aversa): ubicato nei locali del palazzo Loiacono-Portera ospita centinaia di preparati tassidermici provenienti, in larga parte, dalla storica collezione “Giambona”, acquisita negli anni dall’Ente Parco dei Nebrodi. Il percorso espositivo parte dalla presentazione di alcune specie fossili e le specie più significative del territorio siciliano e si sofferma, in ultimo, sull’avifauna caratteristica dell’area protetta. Accanto alle teche espositive, inoltre, numerosi pannelli consentono al fruitore di acquisire le necessarie informazioni scientifiche su ogni singola specie.

Biblioteche

  • Biblioteca comunale (Piazza Vittorio Veneto, 1 – Tel. 0921.383840)

Infrastrutture e trasporti

Strade

Mistretta è attraversata dalla strada statale 117 che collega S. Stefano di Camastra con Leonforte (En), inoltre nelle vicinanze è presente la strada statale 113 che mette in collegamento Trapani con Messina.

Ferrovie

La stazione di riferimento è quella di Santo Stefano di Camastra-Mistretta, collegata alla città di Mistretta con autobus di linea.

Linee marittime

Dal 2005 Mistretta è collegata, tramite uno svincolo situato nei pressi di S.Stefano di Camastra, con l’Autostrada A20 che collega Palermo con Messina.

Fonte Wikipedia